Decidere m'affatica. Decidere mi consola
Una storia vera da un viaggio in macchina con gli amici
Ciao!
non solo mi ha scroccato l’ennesimo passaggio il weekend scorso per andare insieme al Festival delle Buone Notizie (bello come sempre, sia il festival che fare lo chauffeur di Oggiano), ma da anche consigli non richiesti a questa newsletter :) quindi oggi numero un po’ diverso dal solito.Scherzi a parte, grato a Fra, ma soprattutto - come detto - con la chiusura della parentesi politica (lo ribadirò ogni volta perché come noto, l’unica strategia che funziona in comunicazione è repetition, repetition, repetition), questa newsletter torna a focalizzarsi su leadership e ciò che vedo che mi colpisce e mi fa pensare ad ibridare ciò che sto facendo. Ovviamente ci sarebbero decine e decine di cose che vorrei commentare dalla politica, ma per chiarezza di intenti, smetto di farlo (almeno per un bel po’ di tempo).
D’altro canto ci sono miliardi di newsletter la fuori - tutte molto simili - che fanno collezione di cose carine. Io, essendo limitato, lo faccio di ciò che il mio naso ha intercettato in maniera diretta. Personale.
Come si prende una decisione?
In macchina, al ritorno dal Festival si parlava della solitudine che spesso ci prende quando siamo nelle posizioni di leadership. Recentemente - nello speech che ho già citato in questa newsletter - ho sentito Mario Draghi ribadire con forza e chiarezza che ci sono dei lavori, dei posti di leadership in cui si è soli.
La solitudine è solo un aspetto, però. Il successivo è il sentirsi (o rischiare di sentirsi) inadeguati, impreparati, esposti a dover prendere una serie continua di decisioni, troppo spesso su cose che non conosciamo fino in fondo, che ovviamente non sappiamo con certezza come andranno e su cui spesso non abbiamo abbastanza informazioni.
Come si sopravvive dunque a tutto questo? Io credo, tantissimo, con la definizione di parametri.
Parametri temporali - c’è un termine entro il quale devo prendere la decisione altrimenti saranno i fatti a prenderla per me? (es: se l’evento è giovedi e io non deciso entro lunedi se farlo o meno, la mia decisione martedi sarà inutile perchè l’evento sarà irrealizzabile)
se c’è una cosa che proprio non sopporto è farmi superare dalla realtà prima di prendere una decisione. Molto, molto meglio sbagliarla che non prenderla per inerzia (anche decidere di non fare è una decisione. È il trovarsi in ritardo e quindi nell’area dell’inefficacia o inutilità della decisione che mi sballa)
Parametri valoriali - cosa dice di me questa decisione? E prima ancora, è una decisione che ha impatto sulla coerenza dell’identità che ho scelto per il mio progetto?
saresti disposto a spiegarla in pubblico? Quanto complicato sarebbe? Come la spiegheresti?
Parametri progettuali - (mi sono incastrato in questo elenco quindi le parole potrebbero non appartenere tutte alla lingua italiana, ma insomma…). Questa cosa è quello che le aziende fingono di fare nella maggior parte dei casi e invece si dimenticano di farla per davvero. Cosa vuol dire?
SPOILER: sempre la stessa cosa!
Se l’obiettivo è X, quanto questa decisione supporta il raggiungimento di X? In termini di costo-opportunità, lo stesso budget o lo stesso tempo/risorsa, impegnato altrove, mi avvicinerebbero di più o di meno?Per poter “giocare” bene con il punto precedente, però, è necessario aver fatto bene i compiti a monte e cioè nella definizione specifica dei risultati attesi e del perchè facciamo le cose. Obiettivi generici (farmi conoscere di più, includere di più i giovani…) non sono obiettivi veri e neppure parametri utili a farci prendere le decisioni successive con maggiore cognizione di causa.
Prendere decisioni può davvero consumarci e per molti non è nemmeno la cosa più divertente del lavoro. Solitamente chi è più vicino al prodotto (che sia un articolo di giornale, un post su instagram o un calorifero) è meno propenso a voler prendere tutte queste decisioni “strategiche” (parola abusata). Definire i parametri può ridurre quello stress.
Lo diceva molto bene anche il buon Jeff qui, parlando di come lo stress spesso non arrivi dal lavorare tanto ma dalla mancanza di chiarezza sul perchè e il verso dove.
Aggiungo un ultimo pezzo, che ha anche una nota politica. Credo ci debba anche essere il coraggio di chiedersi se siamo noi la persona più giusta per prendere quella decisione, o quel set di decisioni. Troppe volte ho incontrato persone che soffrivano dal dover prendere decisioni ma che allo stesso tempo vivevano l’idea di non prenderle più come un demerito, un passo indietro. Altre volte ho incontrato leader politici con grandi idee, grandi visioni, grandi capacità comunicative, incapaci di vedere che non era il loro lavoro quello di prendere le decisioni gestionali, organizzative di guida di un partito.
Dire: questo io non lo devo decidere. Queste cose io non le voglio decidere perchè non sono capace o non sono il più bravo a farlo, è una decisione enorme da prendere ma anche meravigliosa.
Awareness first. Stay weird.
Avanti tutta
A
Ciao Alessandro. I latini dicevano che una giustificazione non richiesta delle proprie azioni sia manifestazione di un senso di colpevolezza e/o mancanza nel proprio operato. A volte si prova e si fallisce il bersaglio, nulla di male, è capitato e capiterà anche ai migliori. Serena serata.
Ciao Alessandro! Sembra che i viaggi in macchina facciano sempre bene al pensiero, ti suggerisco di leggere questo pezzo del CEO di The Browser Company of New York, https://thebrowser.company/values/, molto figo e d’ispirazione :)