Ciao! Grazie per aver aperto questa mail, è un atto di fiducia che non do per scontato. Provo a ripagare questa fiducia in due modi.
scrivendo nel modo più appassionato possibile
con un dialogo continuo e franco.
Per questi due motivi, la newsletter di oggi è identitaria e inizia a unire i puntini di queste prime riflessioni fatte insieme. SPOILER: alla fine della newsletter ho messo due link a video (anche se io credo che i link siano la morte delle newsletter ) molto divertenti sulla politica e la comunicazione, oggetto del post della settimana scorsa.
Bisogna però forse che, partendo da noi, ci chiediamo perché quando capiamo che il discorso si fa politichese, siamo i primi a cambiare regime, tono e vocabolario.
In queste settimane di incontri, appena chi mi sta davanti ascolta il mio piano di un impegno civico, cambia schemi mentali, parole, e ragiona in modo cinico, per schemi vecchi, binari, ripetendo modi, lotte e pensieri letti sui giornali forse o sentite alla macchinetta del caffè dal capo-popolo di turno.
Ricostruiamoci una identità nostra. Scimmiottare schemi, cinismo e vocabolario della politica è solo un modo per riempire silenzi e mascherare pensieri o la loro assenza.
Almeno, questa è la mia opinione. Felice di vederla messa in discussione, come sempre.
I passi indietro della politica
Questa newsletter non nasce come un luogo identitario politico o come uno spazio di aggiornamento settimanale su cosa ho combinato (ma sto pensando a fare delle call aperte ogni tre mesi simile alle earning calls che fanno le aziende quotate, per garantire la massima trasparenza di ciò che faccio). Questa newsletter è un incrocio di pensieri di leadership, di comunione, di politica anche, di chiarezza di visione e di azione.
La promessa iniziale, che intendo mantenere, è quella di condividere i pensieri che avuto la settimana sforzandomi di alzare il naso all’insù e trovare vie nuove, stimoli nuovi per rispondere ai miei bisogni: quelli di una leadership sempre migliore e trovare il grimaldello più giusto per le migliori risposte ai temi di nostri tempi.
Il primo stimolo della settimana arriva da un podcast che ho amato a lungo e che sta però - a mio giudizio - perdendo colpi. The All in Podcast. In sintesi estrema, sono 4 miliardari investitori/imprenditori che parlano di economia, tecnologia e politica internazionale. Un coacervo di bias americani, ma solitamente molto intelligente. Almeno prima di una svolta tutta anti-woke, quasi pro-russa in molti casi.
Nel penultimo episodio hanno intervistato Vivek Ramaswamy candidato in corsa per la nomination repubblicana. Mi pare non abbia molte chance, ma al netto di questo ha detto due cose, che credo una peggio dell’altra.
Stop the climate cult. Secondo Vivek, c’è una liturgia non religiosa ma con gli stessi criteri di una religione che fa perdere la bussola sulla questione del cambiamento climatico. Detto in queste settimane è davvero fuori dal tempo. Si può criticare il framing usato sul clima, si possono aver divergenze sulle ricette per risolvere questo problema, ma pensare di fare del negazionismo climatico (e quindi dell’anti-scienza) un’offerta politica credo sia vecchio e (speravo) superato.
io scrivo, per essere veloce non penso e poi mi pento. Incalzato dai 4 host del podcast che gli chiedevano spiegazioni sul perché lui li avesse attaccati in passato su Twitter ha detto che lui è sempre sincero, che non aveva paura a rispondere (e questo faceva presagire qualcosa di interessante) e invece si è rifugiato nel peggiore dei cliché, dicendo che lui è cosi sincero che scrive di getto, per arrivare primo magari tralascia cose importanti e quindi poi si deve pentire di ciò che ha scritto in precedenza. Ma questa cosa è terribile, oltre che essere “cosi 2012/2013”. È il motivo esatto per cui Twitter è un disastro, per cui i giornali/la politica hanno perso credibilità, volendo arrivare prima, anziché dare intelligenza. Trovo deprimente che un politico, imprenditore di successo, millenial ragioni in questo modo.
Cambiare idea è legittimo e sano. Scrivere cose sui social di cui ci si pente è comune. Non può pero essere il metodo che un politico rivendica. Ancora meno per uno che vuole andare alla Casa Bianca.
Il secondo è sullo stato della comunicazione e del giornalismo. Lo so, ci torno spesso ma è una cosa che credo centrale. Nelle ultime settimane abbiamo avuto,
un trend sui social diventato virale, finito sul NYT, basato su una palpata di 10 secondi che poi non era quanto scritto nella sentenza. Il mio amico FraOggiano si è messo di punta e ha fatto un video capolavoro sul tema. Qualcuno ha fatto autocritica? No. Anzi, addirittura i giornali hanno continuato a parlare di quella sentenza, anche citandola in altri casi di sentenze (o set di giudici) contestate.
l’arresa - perché questo è - a dichiarazioni stantie e che, a mio giudizio, una domanda in più se la meritavano. Un esempio? Guardate lo screenshot qui sotto. Solo a me viene voglia di fare altre dieci domande? (al netto della mia posizione sul salario minimo). Perché non ora? Quale la convenienza per i lavoratori o le aziende? Quali i dati alla base dell’idea di posticipare?
un video di una pagina, che solitamente fa anche un lavoro apprezzabile seppure molto diverso da quello che avevamo immaginato con Will (ma questo è più che legittimo, ovviamente) che chiede ai tassisti quanto sia difficile fare il tassista e che alla domanda sui guai legislativi, licenze ecc, accetta come risposta che ci sono molti lavori in città, prendere le corse è complicato e via discorrendo. Essere nuovi non è di per se un valore.
In tutti questi stimoli c’e un mix di ego, di tempo, di leadership, di comunicazione… i temi dei primi episodi, che sono poi le mie più grandi passioni.
Pars construens…
Bravo Ale, facile attaccare sempre e non fare cose propositive. Ma tu che fai? Che manco si capisce che vuoi fare…
Ci sta :) Volevo giocare con un po di hype, ma tant’è! A fine settembre, inizio ottobre (la data è da confermare) faremo il primo di tre eventi di questa startup civica (la definizione è rubata a Marco Bentivogli) che sto cercando di costruire. In questo evento, in modo partecipativo, lavoreremo insieme a scrivere delle proposte di legge, stimoli normativi puntuali, specifici che rispondano all’espressione che vi è magari capitato di sentire “basterebbe che….”. Ecco, se basta quello, facciamolo!
Per non cadere negli errori pero che spesso mi capita di sottolineare, l’idea è di non parlare di tutto, ma solo dei temi che staranno comodi in una matrice con al centro gli effetti di politica industriale e che incrocia 4 macrotrend, alla base anche dell’iniziativa che avevo fatto in Will:
macrotrend del cambiamento demografico, che si traduce in una richiesta di una società più equa fatta dalle generazioni Z e Millenial (in primis)
macrotrend del cambiamento tecnologico, che si traduce nella richiesta di una società più guidata dai dati
macrotrend del cambiamento nella sensibilità al cambiamento climatico, che si traduce - salvo casi come abbiamo visto sopra - nella richiesta di un mondo più in equilibrio
macrotrend del cambiamento nel modo di produrre valore economico, che si traduce in un nuovo modo di lavorare.
Uniamo questi 4 macrotrend con 3 forze che possono contribuire a portare avanti il progresso:
la tecnologia (la carne cresciuta in laboratorio è una potenziale risposta tecnologica ai guai dell’allevamento del bestiame in termini ambientali, etici, sanitari ecc)
la regolamentazione (l’aumento spasmodico delle tasse su un hamburger potrebbe essere una risposta per limitare il consumo di carne. NB, è solo un esempio, non è una mia proposta!)
il cambiamento culturale (culturalmente l’evoluzione di un pensiero o sensibilità su un tema possono - in tempi più lunghi forse - contribuire enormemente alle scelte individuali oltre che creare spinta verso la politica).
Ecco, questo è il primo pezzo di quanto sto provando a costruire. Non pretendo che sia completa come spiegazione e risponda a ogni domanda, ma pian piano costruiamo un nuovo metodo in cui contribuiamo con una rete dando e prendendo info, energie e stimoli al dibattito pubblico e alle idee per disegnare il mondo a 10, 20, 30 anni. Dopo questo pilotto, il tasto dei commenti è d’obbligo. Scatenatevi, il challenge alle idee è il modo per farle uscire più solide
I LINK PROMESSI
Un video francese su come NON rispondere alle domande e sopravvivere a un dibattito pubblico. Molto divertente. Altrettanto divertente (meno comprensibile in alcuni momenti causa accento) un video che rappresenta scene quotidiane gestite con il tipico modo di parlare della politica. Assurdi, vero!?
Sono andato lungo, ma magari sotto l’ombrellone c’è più tempo per leggere. Spero
Onwards!
Che bella idea! La vera sfida è trasformarla in fatti concreti, scelte dei legislatori e degli amministratori che siano efficaci e realistiche. Mi vengono in mente vari movimenti passati che sono partiti armati delle migliori intenzioni ma che poi hanno fallito nel trasformare le idee in politica. Alcuni perché non hanno capito (o hanno fatto finta di non capire) che la politica è un mestiere come tutti gli altri e se lo vuoi fare bene devi imparare a farlo, non puoi far arrivare in parlamento una legione di neofiti che non hanno mai nemmeno partecipato a un Consiglio di Istituto o a un Comitato di quartiere. Altri, all'opposto, perché sono stati fagocitati da un partito che ha annullato la spinta innovatrice.
Forse la soluzione è lavorare su scala locale, dimostrando con i fatti che la politica può davvero essere al servizio dei cittadini e non il contrario.
Ciao Ale,
Questa settimana poco da dire nei commenti, direi che tutti aspettiamo di capire cosa hai in mente e che piega prenderà.
Nel frattempo, se posso farti io una domanda, perché non ci parli un po’ meglio di come pensi questo progetto evolverà e come lo vedi tra, che so, 5 anni? Interesserebbe me, e spero altri, oltre a permetterci di essere più allineati e investiti.
Qualcuno ha altre domande da porre?