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Equità intergenerazionale, o meglio la sua mancanza.

Non viene compreso appieno quanto sia cambiato il mondo intorno a noi (mondo del lavoro e società nel suo insieme) e si tendono ad usare le stesse "classificazioni" che valevano in passato applicate alle tappe di vita di un ragazzo di 20 anni. Di conseguenza, provare a spiegare questi cambiamenti diventa complesso perché l'idea di fondo è che siano i giovani a non voler costruire nulla (una carriera, una famiglia, una casa, ecc). La verità è che è diventato tutto molto più complicato e sarebbe bello farlo capire senza preconcetti

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Sottoscrivo all'infinito.

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Esattamente quello che avevo intenzione di scrivere io 🙏🏼

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Aggiungerei che (le generazioni più vecchie) non capiscono le paure e i disagi di un ventenne, così di per sé normale. Non le capiscono, ma la verità è che non ci provano neanche. C'è un'incapacità assoluta di mettersi nei panni degli altri, anche dei propri figli. Se invecchierò credo sarà la mia battaglia personale e quotidiana più grande, cercare di capire prima di giudicare. Scusate divagazione poco tecnica/politica

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Parità di genere e salute psicologica. Il primo è un tema di estrema difficoltà da toccare quando i maschilisti sono al tavolo. Il secondo è ancora un tabù nel clima di molte famiglie.

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Le sottoscrivo entrambe, grazie per la condivisione.

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Famiglia della mia ragazza (americana): Sanità pubblica - “bella idea, ma perché aspettare così tanto? Vogliamo poter scegliere!”

Mia famiglia (italiana e di medici):

“Stanno privatizzando tutto! Solo i ricchi potranno permettersi le cure, diventeremo come l’America! ”

Io, ricercatore di economia sanitaria da 7 anni in Uk: è possibile coniugare efficienza ed equità?

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Un argomento che meriterebbe un bel confronto. Grazie per la condivisione!

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Il futuro: a volte ho l'impressione che se parlo di futuro risulto poco concreto sul presente, bollato come se fossi un sognatore che non fa nulla di concreto

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Jul 7, 2023·edited Jul 7, 2023

Il pranzo della domenica è sicuramente l’inferno per Marinetti.

È bello sedersi insieme a tavola e parlare. A maggior ragione quando la famiglia si estende ai nonni e agli zii.

L’altra domenica ho rivisto le mie foto da piccolo e di quando mio papà faceva il militare.

Abbiamo parlato di tante cose, eppure l‘attualità non rientra fra queste e i discorsi sul costruire un futuro diverso lasciano spazio alle occhiate confuse dei più anziani.

Oggi vivo in Francia e non dico che qui conoscano meglio le arti politiche, ma la mentalità e la struttura sociale rendono quasi inevitabile parlare di cambiamenti.

Zia Lidia ama spiegarmi come si fanno i cicatelli eppure si spaventa quando parlo di cambiamento e banalmente non comprende nuove concezioni di lavoro e società.

Io credo che in Italia sia difficile parlare di innovazione (che sia culturale o tecnica) per la profondità e l’orgoglio che proviamo per le nostre radici. Credo sia un po’ naïf pensare che la situazione possa cambiare entro i nostri 50 anni.

Idealmente cambierà, potendoci così dimostrare diversi dai nostri genitori. Il rinascimento culturale italiano!

Oppure, molto più semplicemente, dopo anni ad ascoltare la tradizione dei più anziani, capiremo di avere l’occasione irripetibile di imporre la nostra. E proprio come nei lavori medievali, erediteremo di padre in figlio l’abilità di dimenticare le prospettive future dei nostri nipoti.

In Italia, la domenica a pranzo, non si parla di novità.

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Non si parla di novità, oppure la si giudica, male.

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Famiglia, ha tanti attributi e significati, tra questi: calderone di più generazioni. Inevitabile scontrarsi sui temi riguardanti il lavoro. Per millenials e genz il lavoro non è sempre tutto, non è per forza sacrificio e nemmeno un matrimonio che ti spinge a restare fedeli ad una sola azienda. Il lavoro non è per i più giovani lo stringere i denti e sopportare qualsiasi situazione, come lo era magari per i loro genitori, soprattutto in vista di una situazione economica e sociale molto più precaria di quelle vissuta negli anni 80 e 90. Sul lavoro si basano le più grandi battaglie della domenica in famiglia. Dovremmo rivedere l'importanza che il lavoro assume nelle nostre vite oggi, anche perché a differenza di qualche decina di anni fa non ci permette più di condurre una vita serena

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Conciliazione vita / lavoro in questo momento storico, che poi riguarda 100% il lavoro e 100% la vita personale. Quindi vale doppio.

Il lavoro inteso come possibilità di crescere come persona, ma anche come mezzo per vivere bene. La vita intesa come capacità di accesso a delle possibilità di sviluppo personale in un Paese che non ha visione ed è in ritardo su tutto (servizi, formazione, lavoro).

Ma gioco il jolly con recente argomento di discussione domenicale: pride e i diritti lgbtq+.

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Argomenti relativi alla finanza personale e al come gestire il proprio denaro.

Da studente di Finanza e amante di questi argomenti ricevo diverse domande a riguardo che sono per gran parte incentrate su:

- Come faccio a fare tanti soldi in poco tempo?

- Come faccio a fare abbastanza soldi da non dover più lavorare?

Purtroppo questo porta al cosiddetto Short-Termism, ovvero ad una visione a breve termine che spinge a fare scelte eccessivamente rischiose e poco ponderate. Oltre a questo rischia di fare del denaro un fine e non più un mezzo con il quale realizzare qualcosa di straordinario che possa portare a un beneficio alla società e alla stesso individuo.

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Ciao Ale. Faccio una piccola premessa (fuori tema) ma poi cercherò di rispondere anche io alla domanda del post di oggi.

Per pura coincidenza sto vivendo un periodo di cambiamento molto simile al tuo. E mi ritrovo molto nella situazione generale che ne esce dalle riflessioni che ognuno di noi sta portando da queste parti.

Ho deciso di dimettermi senza una alternativa ed il 30 giugno è stato il mio ultimo giorno di lavoro. Mi sono dimesso perché nell’azienda in cui ero vedevo solo il vuoto: nessuna prospettiva, in 3 anni e mezzo niente formazione (se non quella pagata da me), ignoranza dilagante a tutti i livelli, gestione familiare, niente che avesse una logica. Solo povertà culturale, di pensiero, comunicativa, zero competenze manageriali. E non vado avanti. L’idea adesso è quella di prendermi un breve periodo di pausa per riflettere su me stesso e trovare la mia strada. Ma la cosa che mi spaventa di più è di non riuscirci. Faccio molta difficoltà a mettere insieme tutte le idee, i valori, le aspirazioni che mi frullano per la testa per farne una sintesi e capire cosa voglio da grande. Perché la voglia di fare qualcosa che mi soddisfi a pieno, dopo quest’ultima delusione lavorativa è forte. Eppure ho 37 anni e grande vorrei già esserlo.

Se dovessi rispondere al tuo post precedente con una parola, quella parola sarebbe sicuramente l’incertezza. L’incertezza nella mia vita, ma anche nel mondo che mi circonda, che certamente non mi aiuta.

Tornando alla tua domanda di oggi. Io ti dico: qualunque argomento che riguardi la nostra vita, presente e futura. Come avviene in politica (il titolo del post sintetizza benissimo i tempi bui che stiamo vivendo, ormai da decenni in Italia), anche in famiglia non si ha voglia di parlare, affrontare e discutere in modo serio e approfondito delle cose che ci toccano davvero. Ecco, io per esempio avrei una cosa su tutte di cui parlare questa domenica (visto che passerò il we dai miei): le mie dimissioni. Eppure si finirà a parlare di pensioni, immigrati (tutto in termini molto semplicistici) e del solito discorso populista per cui la politica è tutto un “magna magna”. Il punto è che mai come in questi anni il mondo è cambiato e sta cambiando velocemente e se il gap anagrafico c’è sempre stato ed è sempre stato motivo di scontro tra le diverse generazioni, oggi secondo me il gap generazionale è diventato incolmabile per via dell’enorme distanza che si è venuta a creare tra le generazioni più giovani e quelle più anziane.

Allo stesso tempo la generazione dei nostri genitori è piena di certezze derivanti da quel mondo in cui hanno vissuto buona parte della loro vita ma che non esiste più, mentre noi, millennial e genZ, siamo totalmente privi di certezze, in quanto nati e cresciuti in un mondo in continua evoluzione che non trova pace ne una direzione.

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“Ma quindi cosa vuoi fare dopo l’università?”

Come faccio a rispondere (pre)vedendo un mercato del lavoro in Italia prevalentemente opaco, che offre stage non retribuiti anche in caso di aziende solidissime, e che dà l’impressione di non aver bisogno di noi giovani? Fatico a dire ad alta voce quale lavoro aspiro a fare davvero, perché so che farò fatica a trovarne uno in linea con le mie aspirazioni, e che se anche lo trovassi sarà retribuito in maniera minore e con condizioni peggiori rispetto che all’estero. Spero che il mio sia solo pessimismo, ma è un pessimismo motivato anche dai dati che leggo su Will ogni giorno e che mi sembrano riflesso attendibile della realtà.

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Perché andare a votare.

Tristemente, per alcuni membri della mia famigli, l’abbandono del diritto al voto è stato il primo

Passo verso il disinteresse per la cosa pubblica.

È un atto che ha perso valore, potere, importanza.

E li inizia la lotta a tavola.

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Il fatto che son quasi tutti in pensione e non riescono a comprendere che il mondo di oggi è completamente diverso.

Dopo un anno di tirocinio in Germania (dove tra l’altro mi pagavano probabilmente più di quanto guadagno ora al netto delle tasse come finta partita iva) e tre anni di lavoro in un importante studio di architettura di Milano mi fa rabbrividire che ai pranzi della domenica ancora mi si accosti la parola "gavetta" quando mi lamento dello stipendio.

Io questa gavetta proprio non capisco quanto sia durata per loro 😅

A 18 anni già lavoravano, a 28 come me probabilmente si pagavano già il mutuo della casa (che io nemmeno posso chiedere proprio perché finta partita iva). Dopo 5 anni di università, una doppia laurea all’estero, e ormai diversi anni di lavoro cosa devo fare per non dovermi almeno fare i conti in tasca a fine mese?

Purtroppo le situazioni non possono essere minimamente paragonate come spesso viene fatto ai pranzi della domenica in maniera semplificata.

Quel che più mi fa rabbia poi è il dover sentire i miei colleghi dire che siamo ancora fortunati perché nel nostro studio veniamo trattati bene se confrontati con altri studi dove succedono cose al limite dello sfruttamento. Qua però mi taccio perché non si tratta più di pranzi della domenica in famiglia ma dei pranzi al lavoro con colleghi ed è meglio non continuare 🙈

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In generale il confronto intergenerazionale è sempre più complesso.

Il mondo cambia ed è cambiato ad una velocità alla quale le generazioni 70s-&-earlier faticano a stare al passo. Soprattutto noto una minore propensione alla riflessione sullo stato attuale delle cose e un ancoraggio troppo saldo a concetti, paradigmi, credenze che non trovano più riscontro nella realtà.

Se devo limitarmi ad un argomento, credo che quello su cui vi sia minor spazio di dialogo e comprensione in assoluto sia il macro-tema cambiamento climatico nelle sue n declinazioni. Rispetto a questo percepisco davvero un muro invalicabile e nessuna propensione ad assumere atteggiamenti/ compiere scelte che vadano nel senso di una maggiore sostenibilità della propria quotidianità.

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La comunicazione tra generazioni diverse può essere complessa a causa di diverse cause sottostanti. Prima di tutto, le generazioni crescono in epoche diverse, affrontando esperienze e contesti sociali distinti. Ciò può portare a prospettive del mondo divergenti e valori differenti. Inoltre, le differenze nel modo di comunicare possono creare barriere linguistiche e generazionali, rendendo difficile la comprensione reciproca. Quindi, in conclusione, non c’è un argomento più o meno difficile di cui discutere; tutto dipende dal grado di ascolto tra le parti e dalla capacità di riuscire ad immedesimarsi nell’altro senza pregiudizio.

La cosa più importante, a prescindere da tutto, è coltivare un dialogo continuo che generi altro dialogo di conseguenza. Il male assoluto è la sua interruzione per colpa di una visione troppo radicale da parte di una delle due parti coinvolte.

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“Che lavoro fai?”

(Consulente di sostenibilità)

“Ah ok, fotocopie”

La risposta più gettonata è questo altrimenti partono le classiche filippiche sul fatto che non ci sono più i lavori di una volta e che i giovani non vogliono sporcarsi le mani quindi molti lavori sono destinati a morire. Ho deciso che la prossima volta rispondere così (ciao sono Ale Co founder di Will e questo è un altro episodio di Actually, il podcast di Will che parla di CAMBIAMENTO che sembra arrivare PIANO PIANO e poi tutto d’un tratto ci SOMMERGE)

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Con 2 bambini piccoli ai quali voglio dare tutti gli strumenti per essere persone oneste e libere, mi chiederei: cosa possiamo fare per lasciare un buon segno restando fedeli a noi stessi? A loro, soprattutto, voglio insegnare il rispetto e l'assenza di giudizio e, allo stesso tempo, le idee ben chiare su cosa per loro sia importante (i famosi valori di cui parla Ale al punto 1). Tengo particolarmente al fatto che famiglia sia qualunque contesto in cui "persone" si rispettano e sostengono, magari crescendo figli al meglio delle loro capacità.

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